NOTAIO PAOLO BROCCOLI
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Per scrivere bene gli atti bisogna
leggere la vita delle persone.
Quando Socrate, davanti a qualcosa, chiedeva – “che cos’è?” – lo faceva per spronare i suoi interlocutori a cercare la propria visione del mondo, senza dare nulla per scontato.
È un esercizio come questo che ha portato Paolo Broccoli a interrogarsi profondamente sul ruolo del notaio, giungendo alla consapevolezza che per fare questo mestiere in modo a lui affine avrebbe dovuto avvicinarsi al mondo delle persone.
Il notariato, per lui, passa sempre dall’empatia e dall’ascolto. Per dirla ancora con Socrate, è una “maieutica negoziale”: la capacità di tirar fuori dalle persone opportunità ed esigenze che non sapevano di avere.
Se nella vita non avesse fatto il notaio sarebbe stato un giornalista, o uno scrittore. Qualcosa di affine alla sua grande passione per le storie umane, le relazioni.
Dietro gli atti ci sono i progetti di vita delle persone.
Ama la filosofia, la psicologia, l’arte. Viaggiare, scrivere, leggere.
Ovunque ci siano spazi di libertà dall’ordinario, per allenare l’occhio a vedere anche ciò che è invisibile. Dinamico, profondamente liberale. Perché la libertà è cultura, consapevolezza, capacità di scegliere.
“Tutto ciò che è libero funziona meglio”, dice. Come in chimica, dove la liberazione produce energia e il suo contrario la inibisce.
Ama scovare i talenti ed aiutarli a crescere, stimolare la creatività che spesso si trova nella linea di confine tra luce ed ombra, tra razionale ed irrazionale.
“La felicità, signorina mia, è fatta di attimi di dimenticanza”, scriveva Totò, suo conterraneo, a Oriana Fallaci. È una questione d’istanti. Quel pugno di secondi in cui mettiamo da parte la ragione e lasciamo fiorire le emozioni.
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